Il romanzo
Il romanzo si svolge, per la maggior parte della sua narrazione, in un momento tragico per la storia del Sudafrica: la guerra civile tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso.
Il libro è suddiviso in tre parti diseguali nelle quali assistiamo alla narrazione della vita di Michael K. da due punti di vista: nella prima e terza parte è quello dello stesso Michael; la seconda, invece, viene narrata da un farmacista arruolato come medico in un ospedale di guerra, il quale, venendo in contatto con Michael, ne rimane molto colpito.
Michael - poco più che trentenne, nero, menomato per avere il cosiddetto “labbro leporino” - e sua madre Anna K. vivono a Cape Town in quartieri diversi: lui fa il giardiniere in una struttura pubblica, lei lavora come cameriera a casa di una coppia di bianchi.
La menomazione darà a Michael tanti problemi “sociali”, dalla difficoltà di nutrirsi da neonato, fino al rifiuto da parte di sua madre che se ne vergogna.
La donna sta male e ha il terrore di finire per strada, così Michael le propone di andare nella fattoria di Prince Albert, ma le autorizzazioni che servono per spostarsi in treno non arriveranno mai e il viaggio diventa un’odissea. La malattia si aggrava fino alla morte in ospedale e la successiva cremazione. Michael, con le ceneri della madre e i suoi risparmi, continua il viaggio giungendo fino a quella che dovrebbe essere la fattoria. Pur trovandola in stato di abbandono vi si stabilisce, finché non arriva un nipote dei proprietari; Michael, che non vuole essere trattato da servo, abbandona la casa e le sue misere coltivazioni per finire prima in montagna e poi in una sorta di “campo profughi” dove un’umanità ai limiti della sopravvivenza viene rinchiusa e usata per i lavori dei bianchi. Michael si ribella a questo sistema prima rifiutandosi di lavorare, poi scappando.
Torna allora alla fattoria e, non trovando più il nipote, riprende le sue coltivazioni. Si nasconde al mondo in un rifugio tra la vegetazione spontanea del cosiddetto veld (una sorta di steppa tipica del sud dell’Africa); dorme continuamente, soprattutto di giorno, e ben presto perde lo stimolo di mangiare.
Viene rintracciato da un gruppo di soldati che lo accusano di essere un ribelle: dopo essere stato picchiato, visto che ormai è uno scheletro lo portano in ospedale. Il farmacista-dottore che si prende a cuore il suo caso cerca invano di convincerlo a mangiare: Michael diventa l’ossessione che, nella seconda parte del romanzo, metterà in discussione tutta la sua vita fatta di certezze.
[…] Sei prezioso, Michael, per come sei. Sei l’ultimo della tua specie, una creatura sopravvissuta da un’era precedente[…].
Noi siamo tutti precipitati dentro il calderone della Storia, solo tu, seguendo la tua luce idiota […], sfuggendo alla pace e alla guerra, […]
sei riuscito a vivere […] non cercando di cambiare il corso della Storia più di quanto non faccia un granello di sabbia […] (pag. 170)
Commento
Se Michael all’inizio del romanzo è un bambinone innocuo e tardo di mente, alla fine del romanzo è un uomo: il suo viaggio, le sue esperienze, la progressiva presa di coscienza di se stesso fanno sì che questo possa essere considerato un vero romanzo di formazione.
Fino allo scoppio della guerra ha lasciato che la vita scorresse sulla sua pelle ma, quando per la prima volta prende un’iniziativa (quella di disobbedire alla legge) e decide di trasportare sua madre a Prince Albert, comincia la sua evoluzione e per la prima volta riesce a darsi una risposta su quale sia il senso della sua vita: quello di prendersi cura di sua madre, una madre che non l’ha mai voluto e che ancora si vergogna di lui, del suo aspetto, che mai è stata capace di dargli una carezza:
[…] sua madre […] era stata dimessa dall’ospedale e voleva che lui l’andasse a prendere.
K […] andò in autobus al Somerset Hospital dove trovò la madre seduta su una panca davanti all’entrata […].
Quando vide il figlio si mise a piangere, coprendosi la faccia con le mani, per non farsi vedere dagli altri malati e dai visitatori. (pp: 10-11)
La madre però muore e la sua vita deve allora avere un altro senso.
Questo libro disturba. Il nostro mondo di bianchi occidentali è troppo distante da quello di Michael: è praticamente impossibile che tra il lettore e il protagonista si crei un sentimento di solidarietà. Non ci può essere empatia tra un lettore ben nutrito e un uomo che trova la sua grande forza nel rifiuto del cibo: ma Coetzee ci costringe a guardare in faccia Michael facendolo diventare la nostra ossessione.
Credo che l’essenza di questo romanzo sia racchiusa nella citazione di Eraclito che precede il racconto:
Guerra, padre di tutte le cose, re di tutte le cose.
Alcuni proclama dèi, altri uomini.
Alcuni fa schiavi, altri liberi.
L’autore: brevi cenni
John Maxwell Coetzee, sudafricano, bianco, Premio Nobel per la letteratura nel 2003.
Titolo originale del romanzo Life and Times of Michael K, pubblicato nel 1983 e tradotto in italiano solo nel 1986.
Recensione a cura di Advenimiento