Romanzo epistolare del 1782, Le relazioni pericolose è considerato uno dei capolavori della letteratura francese; seppur bandito e messo sotto accusa, può vantare tra le sue lettrici la regina Maria Antonietta.
Le lettere ricostruiscono le relazioni tra due libertini, il Visconte di Valmont e la Marchesa i Merteuil, e altri personaggi ingenuamente usati per la macchinazione dei loro piani. La crudeltà, il perseguimento ostinato della vanità e della gloria sociale sono il nucleo portante attorno cui ruotano tutte le vicende.
La lettura di queste corrispondenze può essere un vero spasso, in quanto risponde all'eterna voglia di pettegolezzo, immancabile vezzo del vivere umano: falsità, doppi e tripli giochi, cattiveria e voglia d'affermazione, maldicenze, invidia, vendetta. Lettera dopo lettera viene gettata via la maschera dei costumi dell’alta società, lasciando emergere il fetore di rapporti vuoti e opportunistici; ma questo è un romanzo universale che può essere trasposto al presente: passano i secoli, gli uomini girano in auto e non più in carrozza, ma un’infinità di messaggi, lettere o mail circolano anche oggi e chissà quali sono gli oggetti di tali missive. Se, dunque, da un lato lo spasso del pettegolezzo prende forte e stimola il lettore, dall'altro l'amara constatazione di un sistema fallace mirato solo a conquistare prestigio sociale e screditare gli odiati corrispondenti, riempie di un'angoscia ancora oggi poco digeribile.
Leggere questo libro è come mettersi in guardia su quanto, anche nel nostro tempo fatto soprattutto d’esaltazione dell’immagine, possa essere pericolosa l’egoistica vanità. Non a caso “La vanità è nemica della felicità”, avverte la signora di Merteuil, apparentemente inviolabile e invincibile tessitrice dei giochi.
Le carogne però tornano sempre a galla, così come la cattiveria dispensata con tanta scaltrezza torna inevitabilmente indietro: nemmeno il più astuto prestigiatore può resistere al flusso della corrente che trasporta a riva le carcasse. Non ci sono allora né vincitori, né vinti: i buoni soccombono nel dolore del tradimento e nulla può ripagare la fiducia tradita, nemmeno la vendetta del destino; i vanitosi “cattivi” hanno pene amare da pagare: la perdita di un onore costruito unicamente sulla pelle altrui.
Non rimane come unica vincitrice che la crudele vanità, sempre pronta a corrompere nuove anime.
Recensione a cura di Alessandro Giova
ghost writer
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