Scrivere una recensione per un libro di Baricco non è facile. È
che generalmente ti salva un po' la trama, si inizia da quella, c'è
certamente una storia in ogni libro, nella quale ogni autore si
immerge con maggiore o minore destrezza. Nel caso di Baricco, la
tentazione è sempre quella di soffermarsi sul come, sulla marea di
parole che oscilla sulla pagina, di cavalcare l'onda anomala che talvolta
prende il lettore di sorpresa e lo fa vorticare nella bianca bava di
bollicine marine. Vorresti piuttosto dire “ti leggo una pagina,
questo estratto”. Cose così, per dirla alla Baricco. Una trama in
linea di massima c'è, ci sono dei personaggi, tanti, storie e storie
nelle storie. C'è soprattutto una narrativa non convenzionale,
asciutta, “strana”, spesso più vicina al nostro parlato che non
al parlare narrativo, c'è come una ricerca, un viaggio che si compie
nelle parole. Viene in mente Picasso: "a quattro anni dipingevo
come Raffaello,
poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino". Ecco, per Baricco vale lo stesso, sembra quasi che vada alla
ricerca di una scrittura infantile, una meraviglia che non vuole
essere circoscritta in delle norme, ha voglia di danzare nella
pagina, strappare il lettore da una storia e catapultarlo in
un'altra, un labirinto quasi casuale; di casuale però v'è solo la
percezione del lettore, dato che è un libro su cui Baricco ha
lavorato per tre anni. Sono lampi, bagliori improvvisi, istanti che
tentano di agguantare il lettore alle spalle per consegnarlo ad una qualche autenticità.
Che poi per coloro i quali vogliono sapere chi sono i personaggi e di cosa parla
si potrebbe persino trovare un qualcosa di utile da dirgli: c'è
innanzitutto Gould, un ragazzino che è un genio, destinato al Nobel; c'è Shatzy Shell, una ragazza
trentenne che diventa la sua governante; ci sono un gigante e un
muto, un giovane pugile di buona famiglia che aspira al campionato
mondiale e persino un western; ci sono tanti docenti universitari.
Questi sono i personaggi, le strade di un libro costruito come fosse
una città, le storie sono i quartieri e il lettore cammina in luoghi
sconosciuti senza avvalersi di una mappa e non c'è uno disposto a
dargli un'indicazione “porco mondo”. Alla fine sarà lui stesso ad unire i punti e disegnare la carta topografica di City. Questo è quanto si può
dire, il resto è emozione che affiora all'improvviso, è
immaginazione mista a vita, è inaspettata rivelazione che appare dal
nulla magari di intere pagine scritte senza un punto o una virgola. È
la straordinaria storia dei fiumi e della loro distanza dal mare,
sono le assurde teorie di alcuni docenti universitari di Gould, è la
fisolofia che si nasconde nel nulla delle Nymphéas di Monet. Perché se
questo è un libro-città, allora quelle pagine sono un viaggio, il
viaggio dello scrittore e che il lettore tenta di ripercorrere. Come
per i viaggi, non è tanto la meta il nostro fine, ma tutto ciò che
raccogliamo in termini di esperienza ed emozione nel percorso che ci
porta ad essa: ciò che rimane.
A.G.
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