Questa raccolta di racconti costituisce un documento eccezionale per gli amanti dello scrittore portoghese Fernando Pessoa. Usciti postumi, rinvenuti dal famoso baule pessoano contenente oltre ventisettemila scritti, sono stati raccolti in questo libro che porta il titolo de “Racconti dell’inquietudine”, titolo ripreso dal più famoso “Libro dell’inquietudine”, anch’esso postumo e pubblicato mettendo insieme numerosi frammenti affiorati dal magico baule.
I Racconti dell’inquietudine mostrano un Pessoa anomalo cimentarsi in piccole narrazioni, le quali ne esaltano l’enorme adattabilità letteraria. E dagli stessi racconti si vede quanto la penna facile di Pessoa potesse prendere qualsiasi direzione: il genere infatti è eterogeneo, spazia dal poliziesco alla narrazione esoterica e filosofica. Una raccolta, quindi, notevolmente variegata e, sebbene molti testi siano frammentati, sono dotati di una grande forza espressiva. Pessoa fa ciò che vuole con le parole, smonta e rimonta discorsi a suo piacimento, ci illude con la sua prosa dando vita a personaggi assai controversi. A dire il vero, sono pochi gli istanti in cui Pessoa si lascia andare a vere e proprie narrazioni; perlopiù il suo è un dare voce a personaggi dotati di un estremo raziocinio e di una dialettica al limite del possibile. Si va dalla teoria del banchiere anarchico, al monologo del diavolo, alla terribile filippica di Quaresma (terribile in quanto didascalica e somigliante ad un trattato di psicologia criminale, vedi Caso Vargas), medico che si diletta a risolvere casi polizieschi in maniera analitico-deduttiva. Le riflessioni nelle quali si – e ci - immergono sono quelle più care all’autore: il mistero dell’umano cammino, la presenza di una realtà metafisica, la pazzia, riflessioni sul bene e sul male. Riflessioni che forse possono essere viziate, talvolta, da alcune imperfezioni scientifiche o falsità filosofiche (come qualcuno ha detto), ma hanno in sé una forza propria che prende fuoco all’interno del contesto del racconto. Una logica perversa, un esercizio letterario che porta ad affermare perfino l’esattezza dell’inesattezza, giochi di prestigio della penna usata come una bacchetta magica. Ci lascia forse inquietudine? No, ci rimane semmai un leggero senso di ammirazione per un uomo che sapeva fare della scrittura una formula matematica perfetta.
Nota: riporto qui i nomi dei traduttori, ritengo infatti, pur non avendo mai letto i suoi testi in portoghese, che sia un compito difficilissimo tradurre Pessoa mantenendo invariata la sua forza evocativa intrisa di simbolismi.
Orietta Abbati (L’ora del diavolo, Un grande portoghese, Il filosofo ermetico, Lo sconosciuto); Piero Ceccucci (Una cena molto originale, La porta); Laura Naldini (Il banchiere anarchico); Giorgio De Marchis (La lettera magica, Il vincitore del Tempo); Simone Celani (Il caso Vargas).
Dei racconti “La finestra stretta” e “Il furto nella Villa delle Vigne” non sono indicati i traduttori
Recensione a cura di Matteo Di Stefano